Mezza di Trieste: Capatosta Lu

05-05-2014 15:45 -

Trieste, un po´ come Roma nel 2013, sembrava essere diventata una chimera. A due settimane dalla mia mezza maratona mi ritrovo zoppa con una fascite plantare dolorosissima e decisamente invalidante. Comincio il mio consueto peregrinare dal fisioterapista (riporto la frase che mi ha detto un amico: correre fa bene ma... ai fiosterapisti!) per tecar, laser, onde d´urto, fisiotape e chi più ne ha più ne metta. Perchè io son capa tosta e nonostante chiunque cercasse di dissuadermi dall´andare non riuscivo ad arrendermi all´idea di rimanere a casa. Mi sarei persa, oltre alla corsa, la gita friulana organizzata insieme al gruppo di amici SPQR, le risate in pulman, la schiaccia con la mortazza all´area di sosta, la cena del sabato, insomma tutto quello che ha reso questo week end qualcosa di veramente speciale.

Tanto per cambiare alla vigilia ancora non sapevo se avrei corso. Chi mi conosce sa che mi è già successo e forse, in fondo al cuore, sapevo che mettere il piede sul pulman il sabato mattina avrebbe significato CORRERE la domenica a tutti i costi.

Ritirato il pettorale il sabato e tornata in camera, lo appunto sulla maglietta. A quel punto non ci sono più dubbi. Si corre, si corre per tenere fede ad una promessa, si corre per sfidare la mia prima mezza in solitaria (tutti gli SPQR presenti hanno corso la regina delle corse) si corre per sfidare lo sfidabile, si corre per divertirsi.

Domenica mattina mi ritrovo sola dopo la colazione, mentre il pulman mi porta a Duino, partenza della 21 Km, e mi chiudo in religioso silenzio. Concentrata solo sul mio fisico, il piede non duole, e sul percorso. Alle 8.30 un pensiero agli amici maratoneti che stanno partendo per i 42.195, mi cambio, bagno, consegna borsa e entro nella mia gabbia, quella entro le due ore. Penso che è già tanto se la finisco, penso che il clima è perfetto, penso che sono sola e non riesco a scambiare due chiacchere con nessuno perchè sono troppo tesa, penso che fra non molto sarò a Trieste.

9.50 puntuali come gli svizzeri si parte! La cosa che mi stupisce fin da subito è il silenzio che sono in grado di produrre oltre 2000 persone mentre corrono. Non vola una mosca, si sente solo il battere dei piedi sulla strada. Nessuno fiata. Bellissima sensazione. Sento che il piede va bene. Come dice il mio amico Stefano ho solo "good vibration".
Primi 3 km in leggerissima salita e poi comincia una lunga discesa che mi deve portare fino al livello del mare. Sono circa 12 km di panorama mozzafiato, mare a sinistra, roccia a destra, verde, un percorso che entra nel cuore. Ogni tanto guardo il garmin: sono sempre sotto i 5.10 al km... uhmm penso che sto andando troppo forte per i miei standard e sui 21 questa velocità non riuscirò a tenerla, ma mentre mi dico di rallentare le mie gambe accellerano. Effetto discesa. Effetto buonumore. Sto proprio bene. Ancora nel mio silenzio (nemmeno la musica metto) ma bene.

Ma come tutte le belle favole c´è sempre un momento di suspance che deve arrivare altrimenti ci si annoia. Nel mio caso corrisponde alla fine della discesa. Vedo il mare accanto, al mio livello, meraviglioso, ma adesso la spinta della dislivello non c´è più e il piano mi sembra pura salita. Mi accorgo che sto rallentando e non mi piace. Soprattutto sopraggiunge un dolore acutissimo all´anca dovuto, credo, all´assetto tenuto in discesa. Mi costringe a fermarmi. Cammino per qualche centinaio di metri rischiando di buttare via tutto il lavoro fatto fino ad ora. In quel momento passano una serie di carrozzine e tutti ad applaudire e mi dico "corri e zitta scema, prendi esempio". Così riparto, purtroppo quello che ho perso e il passo che sto tenendo non mi farà raggiungere l´obiettivo pre-fascite di stare nell´ora e 45, ma non importa. Ci siamo, sono sul lungomare triestino, ripeto il mio mantra interiore, anzi lo urlo anche e spingo gli utlimi metri. FINISH, 1.54.

Trieste è mia. Testa e cuore mi hanno guidato, la testardaggine che mi contraddistingue ha fatto il resto.

La parte migliore deve arrivare però. Ed è vedere i miei compagni di avventura tagliare il traguardo della maratona. Non so cosa mi ha emozionato di più, davvero. Con le nostre medaglie al collo rientriamo a Pisa. Felici, soddisfatti, orgogliosi e con quel sorriso ebete che rimane sul viso di chi ha realizzato qualcosa di bello.

Lucia


Fonte: Lucia Tosi