Cortina - Dobbiaco 2014: come Starway to Heaven

04-06-2014 16:23 -

"...to be a rock and not to roll..." essere una roccia e non rotolare. E´ questo l´insegnamento che ho tratto dalla mia Cortina Dobbiaco. Queste sono le ultime parole cantate da Robert Plant prima di tagliare il traguardo. Essere una roccia e non rotolare giù per la discesa iniziata sedici chilometri prima. Essere una roccia e non rotolare giù nella vita.
Dodici chilometri prima di queste splendide parole cantate con la potentissima voce che Plant aveva all´epoca, accompagnato da quel genio di Page alla chitarra (senza dimenticare l´insostituibile-qualche volta ci hanno provato ma con risultati pessimi-John Bonam alla batteria, e Jones alle tastiere), avevo lasciato il mio compagno di passo, Massimo, perché accusava un indurimento al polpaccio che non gli permetteva di spingere molto in discesa. Fino ad allora, fino al diciottesimo chilometro circa, abbiamo corso spalla a spalla, partendo cauti, spingendo forse un po´ troppo in alcuni punti della salita, aspettandoci e sorreggendoci.
Pronti, via! Salutiamo le Girls che ci incitano alla partenza. Passo folle di alcuni centinaia che ci sorpassano. Avanziamo col nostro passo. Primo ristoro saltato. Al secondo ristoro butto giù un piccolo sorso di sali, ma lo stomaco è chiuso (le endorfine non scherzano!), guardo Massimo che oltre a bere ha preso un pezzo di banana-buona idea, mi dico. Continuiamo a procedere, le sensazioni sono buone, alcuni ci superano, altri li superiamo, con altri avanziamo sincroni. I Led Zeppelin in lieve sottofondo, il Pebble mi da la media, Runkeeper ogni tanto mi da il passo degli ultimi due chilometri. Ci rincuoriamo, ci rendiamo conto che la chiuderemo e che la chiuderemo bene, meglio del previsto.
Secondo ristoro, prendo anch´io la banana, ma che fatica mandarla giù! Mi volto, Massimo è a pochi passi, tutto ok. Comincia la discesa, il primo pezzo è il più ripido e io rotolo giù a una velocità folle (4:10 quindicesimo e sedicesimo chilometro) e senza rendermene conto distacco Massimo. Lieve falsopiano, rallento, Massimo mi raggiunge: "tutto ok?" "tutto ok!". Continuiamo così per un chilometro quando, improvvisamente, Massimo sente dolore. Procediamo ancora un po´, continuo con quel ritmo, più volte mi volto e Massimo è sempre lì. Ci facciamo segni, ce la fa. Poi la svolta, con un gesto capisco che non vuole forzare e allora mi stacco, mi giro ancora una volta ed è troppo lontano. Ora sono solo. Ora inizia la mia corsa. Alzo il volume "...been dazed and confused for so long it´s not true..." Si, mi sento proprio così: confuso perché è una situazione nuova per me. Non ho mai corso trenta chilometri, ce la farò da solo? Stupefatto per il luogo, la situazione, il sottile piacevole dolore dei muscoli contratti, il passo migliore del previsto, le sensazioni che mi rimanda il mio corpo.
Continuo a 4:30/4:35 e in un attimo, con il Gruppo che ascolto da quasi trent´anni e che mi regala sempre nuove emozioni, mi ritrovo al chilometro 27. Il Pebble mi dice che la media è 4:47, ma so che è più bassa in quanto il gps ha perso circa 350 metri. E´ fatta! E´ fatta! E, come per magia, la riproduzione casuale di Spotify mi regala Starway to Heaven. Arrivo al traguardo. Sprinto. Faccio l´aeroplanino. Potrei continuare ma mi fermo, tolgo il telefono, scatto una foto al Pebble, la posto su fb e la dedico a chi mi sopporta e supporta: Clara, Bianca, Davide che mi aspettano a casa.

Arriva Massimo, ci abbracciamo. E´ fatta. E´ stata davvero una Starway to Heaven.


Fonte: Massimo Scacco