Lorenza Pratali a Courmayer: al Tor des Geants il riposo serve a poco.

13-08-2014 18:49 -

Nella gara più massacrante il riposo non serve a nulla. Tor des Géants, uno studio scientifico di Cnr e Usl Valle d´Aosta smentisce molte convinzioni: "Chi dorme di più nei primi 100 Km poi si ritira" I fenomeni di allucinazioni: "Atleti hanno visto i delfini a 3.000 metri".

C´è chi per arrivare pronto al Tor des Géants mette in piedi una vera e propria strategia del sonno e già nei mesi precedenti si allena anche in questo senso, privandosi del piacere (e della necessità) di dormire. Questo perché gli atleti che decidono di affrontare il massacrante Ultra Trail che attraversa le montagne della Valle d´Aosta hanno a disposizione solo sette giorni per completare il percorso di 330 chilometri e devono per forza di cose fare i conti con la mancanza di sonno.

Ma, ed ecco la sorpresa, ora si scopre che questi allenamenti non servono a nulla: non si arriva più preparati e non c´è nessuna differenza rispetto a chi prima di partire ha dormito come un bambino. Lo ha spiegato sabato sera a Courmayeur Lorenza Pratali, del Cnr di Pisa in una serata in cui si è parlato della ricerca scientifica applicata al Tor. A sviscerare l´aspetto scientifico anche Guido Giardini, neurologo dell´Usl valdostana e specialista di Medicina di montagna.



Sugli oltre 600 atleti che l´anno scorso hanno affrontato il Tor, gli specialisti di Cnr e Usl ne hanno seguiti con attenzione 32, mentre sono stati somministrati 109 test sul sonno. Sabato sono stati illustrati i risultati. Pratali: «Abbiamo seguito 32 concorrenti, tra cui due donne. Solo in 12 sono arrivati in fondo, tutti uomini». E ancora: «Tra i 12 che hanno finito il Tor abbiamo visto che in media quella settimana hanno dormito dieci ore». Cinque pisolini da due ore l´uno. «Chi è arrivato in fondo non ha praticamente chiuso occhio fino a Donnas», vale a dire per 100 chilometri di camminata, un terzo del percorso. «E quelli che hanno dormito già prima non sono riusciti a finire la prova» ha aggiunto Pratali.



L´équipe scientifica ha controllato vari aspetti, tra cui l´ansia. «Chi aveva livelli di ansia più forti prima della partenza poi è arrivato in fondo» aggiunge la scienziata che ha monitorato anche i cambiamenti nei livelli di attenzione e in quelli cognitivi. Con sorprese. «Abbiamo fatto test specifici. Di norma nelle persone che non dormono da due giorni i livelli di attenzione crollano di oltre il 50 per cento. Sorpresa: in questi atleti no. C´è un calo ma non così forte, diminuiscono però i livelli cognitivi».

Diminuiscono però la memoria, la capacità di calcolo e quella di orientamento. Alessandra Nicoletti è una delle organizzatrice e in quella settimana anche lei non chiude occhio: «Alla fine anche noi che seguiamo la gara siamo molto meno reattivi».



«Per l´anno prossimo - dice Giardini - vogliamo mettere in piedi un vero e proprio coordinamento scientifico», una collaborazione con enti italiani e europei per sviscerare gli effetti sul fisico di una gara così massacrante. Lo studio proseguirà anche quest´anno, su atleti che si offriranno volontari.

L´iniziativa è sostenuta dalla Regione, come ha ricordato l´assessore Aurelio Marguerettaz. E l´importanza della scienza e della medicina in questi sport estremi è evidente, perchè degli oltre 500 partecipanti circa la metà si ritira. Alcuni per spossatezza, sonno, senso di rinuncia, altri perché non stanno bene. «Tante tendiniti - ricorda Giardini - e poi distorsioni muscolari, mal di pancia, diarrea». L´anno scorso in 30 sono finiti in ospedale, dieci atleti già dopo la prima notte di gara avevano segni di ipotermia, molti i disidratati, due hanno finito il Tor con la bronchite, uno addirittura con un edema polmonare d´alta quota e un corridore cinese, Yaun Yang, è morto dopo una caduta.

Insomma, non è una passeggiata, anche perché lo sfinimento porta a episodi di allucinazioni. «L´anno scorso un concorrente vedeva i delfini al Col Malatrà» ha ricordato Giardini. E il colle è a 2925 metri, troppi per un cetaceo.

Crystian Pellisier (La Stampa - Aosta)


Fonte: La Stampa