Reggio Emilia 2004: come rovinare l´innocenza di un bambino emiliano...

04-12-2014 22:39 -

Reggio Emilia, dicembre 2004. Esattamente dieci anni fa. Ancora ben lontani dal compiere l´impresa di quest´anno con le dieci (dico 10!!!) maratone newyorchesi e dalla nascita di questo meraviglioso team che presiedo (Pisa Road Runners) che in due anni ormai porta a correre 200 persone ... ma torniamo a noi.
E´ una domenica di quelle tipiche dell´Emilia aldilà degli Appennini, per chi viene dal clime mite toscano, a dicembre: fredda, freddissima ma con il sole. Un sole il cui riverbero sull´asfalto può pure accecarti.
Sono con i miei amici del gruppo che presiedo (all´epoca La Galla Pisa). Sono soprattutto con Marco (Cecchella), ormai fedele compagno di avventure e soprattutto sempre più ´lepre´ o ´pace-maker´ o ´assistente di gara´ di massiniana memoria.
Come promesso al patron della Maratona del Tricolore (Paolo Manelli), arriviamo da Pisa vestiti da Babbo Natale. Riserviamo a questa 42,195km, la più partecipata della regione con i suoi oltre duemila partecipanti, l´onore, ma vedremo dopo essere anche l´onere per un giovanissimo indigeno ed imberbe piccolo locale, la dedica di fine anno con la nostra voglia di far festa, ben addobbati con pesantissimi vestiti di Natale ed una barba bianca che pizzica in ogni dove ed i cui peli entrano in bocca ed in gola che ti affogano miseramente.
C´è pure Gianni Morandi che qui festeggia il suo sessantesimo compleanno.
Il cappello a punta rosso, poi, durante la maratona, sin dalle prime ondate di sole, ben presto si impregna di sudore e siamo costretti a strizzarlo continuamente vedendo uscire goccioline di sudore. Con noi anche Rino della Rossini, un ragazzone di quasi due metri, che pesa più di me e riesce ad andare più veloce di me ... L´anno prima a Firenze compiamo i nostri migliori personali sulla distanza di maratona: lui la chiude in 3h02 con 88kg, io in 3h11 con 83kg (bei tempi, sia per il tempo che per i chili ...).
Partiamo dal centro di Reggio Emilia, zona stadio e dopo già poco, l´odore di sterco di animale ben presto ci ricorda che siamo negli sconfinati campi emiliani, nella nebbia che si alterna al sole ormai sempre più forte nonostante la temperatura sia più vicina allo zero termico.
Con noi un nutrito gruppo di donne e uomini che seguono i nostri ritmi ed incitamenti, vestiti da Babbo Natale rossi, con i campanelli, barbe, cappelli e palloncini bianchi a dettare il ritmo da 5´40" a chilometro per arrivare in perfetto oraio (sotto le quattro ore appunto).
Ritmo che sarà difficile per molti di loro... non tanto per la regolarità da mantenere, quanto per le colline appenniniche che faranno capolino dal dodicesimo km fino ad oltre il km 35, spezzando il ritmo e lavorando sui muscoli delle gambe in maniera troppo infida per mantenere la costanza del ritmo.
Vi tralascio tutta la gara anche se il crollo di Rino, uomo da 3h02´, che non riesce a tenere un ritmo troppo lento per lui, meriterebbe un capitolo a parte visto che arriverà ben oltre le quattro ore che avrebbe dovuto dettare con noi .... Finirà in circa 4 ore e 25 minuti ... tanto per far capire che un maratoneta veloce può non reggere ritmi diversi, anche se lentissimi.
Ma veniamo al momento topico, Siamo al chilometro 32.
Ormai sento movimenti tellurico-intestinali che mi mettono a dura prova e mi piegano letteralmente in due, in avanti. Ho bevuto forse qualcosa di troppo freddo al ristoro del km 30 ... Marco mi vede la fronte imperlata su un volto sempre più pallido e mi chiede cosa mi stia succedendo. Gli dico che sto facendo resistenza e che non è bello vedere una ´pastore´ (anche se ´lepre´) abbandonare il proprio gregge. Ancor di più se questo è poi vestito da Babbo Natale. Ma ovviamente, anche gli atti di eroismo hanno una fine, spesso misera ed indecorosa ed al gruppone che guido inizio ad urlare: "Cartaaaaa!!"
Non resistendo più, lungo una dritta strada collinare, intravedo in lontananza una stradina sterrata e lì decido di tuffarmici cercando di tenere strette le chiappe per trattenere tutto, fino al tempo massimo tollerabile ...
Saluto, spero momentaneamente, i miei compagni di viaggio ed entro in questa stradina che non ha neppure un cespuglio ma solo un leggero dosso che, se non altro, è sufficiente a ripararmi dalla strada e dalla vista dei partecipanti. Però sono scoperto alle mie spalle... Mi abbasso velocemente le mutande, ed il mio sederone esce dai pantaloni di stoffa rossa, bello bianco e privo di abbronzantura, che scarica quello che si sente da almeno due chilometri di dover scaricare.

Ora, immaginatevi di vedere un Babbo Natale, già da lontano individuandolo dai palloncini bianchi appesi sulle spalle e svolazzanti per aria, accucciato in crisi intestinale.

Ma immaginatevi pure di vedere un bambino emiliano uscire dentro la macchina (una Mercedes) dei propri genitori, lungo quella fottuta stradina sterrata, proveniente non si sa da dove, dalla campagna, ma alle spalle di Babbo Natale ... Bambino che con le sue manine aperte a ´cinque´ attaccate al finestrino, scioccato ed inorridito con gli occhi spalancati, vede il suo amato Babbo Natale con degli strani palloncini appesi, un culone bianco e "fumante" dai vari miasmi e con dei fazzolettini in mano a mò di carta igienica, pronti per l´uso....

Ci vollero poi ben tre chilometri per recuperare il mio gruppo delle quattro ore, durante i quali andavo a 4´30" a km con dei maratoneti romani che urlavano "aho, s´è perso sto Babbo Natale!" o "anvedi come va sto Santa Klaus!". Anche io all´arrivo soffrì i cambi di ritmo, e ricordo che Marco fu l´unico Babbo Natale rimasto a stimolare tutti, compreso me ...

Ma resta il fatto che, da allora, e son passati ben dieci anni, non mi perdono di aver rovinato la favola di Babbo Natale ad un bambino emiliano che da quel giorno seppe essere ben più reale del ´vero´ Babbo Natale, goffo, maratoneta eppure cacatore.

Non so come avrà atteso la notte della vigilia di quel Natale del 2004.
Mi immagino che lo abbia atteso con un vaso da notte in mano...


Fonte: Andrea Maggini