A spasso sui monti con Adriano, tra Mirteto e sul 117 che mi garba un mucchio ...

16-01-2015 10:21 -

Sono le 7.50, l´hotel è quasi vuoto e il silenzio è imbarazzante.
Che vogliamo fare? Non le vogliamo scrivere due righe sul giretto di ieri?
Ovvia, scriviamole!
Lavoro, maledetto lavoro. Esco sempre alle 15.30 e di questi tempi come dice la Mancini "fa buio".
Tra l´altro io non sono nemmeno abboriGGeno come il Capraia (anche se non nego in un futuro prossimo mi piacerebbe diventacci), mi adatto, quello si, ma per me le robe da fare ar buio sono artre.
Insomma, di Voi un c´è venuto nessuno, è venuto invece un mio amico, lo chiameremo Adriano, che poi si chiama Adriano davvero, de´.
Va bene, appuntamento alle 15.45 al semaforo a San Giuliano e si parte. Avevo previsto un tempo di percorrenza di 2 ore, quindi buio bisognava pigliallo solo quasi all´arrivo.
Ero organizzato già dalla sera prima con zainetto e camelbak in macchina, 15.30 esco da lavoro, 15.45 sono al semaforo a San Giuliano. Mi spoglio a bordo strada come una donnaccia qualsiasi, devo dire riscuotendo anche un discreto successo tra gli automobilisti di passaggio (voglio pensare che i colpetti di clacson che mi sono stati dedicati fossero di apprezzamento). 15.48 arriva Adriano (venuto a piedi da Vecchiano, per non fassi mancare nulla). Si parte. Raggiungiamo la base del sentiero 115 che comincia tra gli ulivi e si sale. La salita è corribile (nel senso che la si può correre), anche se il fiatone mi arriva quasi subito. Viene fuori la mia parte femminie e dopo qualche centinaio di metri dalla partenza mi devo fermare a far pipì. Ovvia, mi sento meglio. Ripartiamo. Saliamo i tornanti di ciottolato e il pezzetto nella macchia fino alla Villa Bosniaski. La lasciamo alle spalle seguendo la strada bianca. La vista sopra San Giuliano merita di brutto. Cominciamo a scendere per il vecchio sentiero che facendoci saltare due tornanti ci riporta sulla strada cementata che sale da Asciano (sul versante opposto del monte Castellare rispetto a dove siamo saliti) scendiamo fino quasi in paese e svoltiamo a sinistra all´imboccatura del 117. Sarà che l´ho fatto mille volte (e 900 mi ci sono perso), sarà che è il nostro, ma a me, questo sentiero, mi garba un mucchio, sia a scendere che a salire, sia in bici che a piedi. Mentre saliamo racconto ad Adriano i rufoloni più belli che c´ho fatto con la bicicletta. Scorre via liscio anche questo, il passo non è velocissimo e sono ancora, stranamente, brillante. Passiamo accanto a quel cespuglio di rovi, che se un c´erano loro, quella volta con la bici, sarei rotolato fino a Caprona, sfiliamo la casa diroccata, il traliccio e eccoci al Passo del Castagno. Prendiamo a destra subito verso "Le Fontanelle" è salita abbastanza dolce, e poi comincia la discesa verso Asciano da Via di Ragnaia (li la discesa non è dolce per niente, anzi).
Sbuchiamo in paese, accanto alla chiesa. Passi lunghi e ben distesi verso Via Barachini e si comincia a salire. Arriviamo al ponte di legno Adriano vuole bere. Ci fermiamo, lui ha l´acqua nello zaino, io prendo uno zuccherino e via si riparte. Cisternone e ancora su, svolta a sinistra seguendo l´indicazione "Mirteto". L´aria è decisamente più fresca, quando siamo partiti c´erano 17°. La salita ora la sento, il ritmo cala, in alcuni punti si cammina, si cammina veloce ma si cammina. Nonostante non sia più caldissimo, sudo come un disgraziato. Adriano dietro di me non parla più. "Vuoi aumentare?" "vuoi diminuire?"
Niente, nessuna risposta, mi giro per vedere se è vivo. E´ qualche metro indietro paonazzo da paura. Non lo disturbo più, quando e se sentirò il tonfo che s´è accasciato torno indietro. Arriviamo al Mirteto, SPETTACOLARE. Non c´ero mai stato. Certo ci credo che l´hanno abbandonato: arrivi giù ad Asciano e ti accorgi d´avè lasciato il cellulare sul tavolo accanto alla frutta...de, vai da Mediaworld e ne compri uno novo....
C´è un tipo strano rimpiattato dietro uno dei ruderi, lo guardo, mi guarda. Secondo me stava facendo un cannone lungo di qui a laggiù, comunque proseguiamo che le giornate son pizzi´otti. Da qui in poi il sentiero è una roba da denuncia. Viscido e ritto. Non c´è versi di correre. Si cammina. Adriano sempre zitto zitto mi viene dietro. Non ha scarpe da trail, ma sguscia meno di me che le ho. Dopo qualche centinaio di metri da dietro mi arriva una flebile voce: "beviamo?!?" Io in realtà avevo sempre bevuto con la camelbak, ma de´, per bè, bisogna fermassi, fermassi non è male: "beviamo!".
Sta imbrunendo però, bisogna muoversi.
Guardando in alto vedo oltre gli alberi il cielo, segno che la salita è quasi finita. Infatti dopo 5/6 minuti siamo in cima. Il cartello di segnalazione sul Passo della Conserva mi chiede di fare un selfie, lo facciamo e via a scendere sulla strada bianca del versante lucchese. La strada è in una condizione pietosa. Tutta motosa e sciagattata dalle rotate delle macchine. Le mie scarpe funzionano bene, quelle di Adriano no. Si fa diversi metri scivolando come sui pattini. Il ritmo cala, complice anche quella luce, non proprio da frontale, che però non ti fa apprezzare quei particolari che possono farti prendere una bella boccata in terra.
Tra uno sguscione e un altro arriviamo al Passo del Castagno, saliamo di passo svelto al Passo di Dante, ora è buio, buio pesto. Santa flontale da banchino dei cinesi, fa il suo sporco lavoro. Scendiamo dal Passo di Dante fino al ristorante prima del foro, e seguendo il sentiero che costeggia la strada, fino a San Giuliano.
Grande ADRIANO!!!!!
Doccia, gambe sotto il tavolo e divano.
What else?!?

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I commenti migliori, dei peggiori bar di Caracas sullo scritto di Valerio:

Enrico: "Bravo! Mitico Adriano. Un consiglio solo: magari diventa aborigeno; ma non diventare mai come il Capraia. Te lo dico come se lo dicessi al Pelli. Fìdati!"

Sergio: "Dico la mia. Valerio è già aborigeno nel DNA. Ed è pure un Trobadore (leggere bene e non confondere il senso semantico) come molti di noi, Chansonniers di foresta che si aggiunge ad altri sonati dalla scarpa motosa e dalla penna facile. Mapperò, la prossima volta dalla conserva osa e buttati nella macchia all´inseguimento dello 00 perché, rispetto alla via motosa è più eccitante e selvaggio e, ad un certo punto, sul crinale, offe una vista spaccamacchia. Onore ad Adriano da Vecchiano, è già diventato un mito."

Fonte: Valerio Savino