20 Aprile 2024

Cerretti (PI). Tre Cinghiali alla ricerca del fantasma passista!. Le foto.

"Tre cinghiali alla ricerca del fantasma passista"
con Francesco Ferrucci, Marco Mancini e Enrico Marchetti (Durata 1h57´; 21,5k)

Un film inutile, che parla di tre ricoglioniti alla ricerca di non si sa bene cosa; ricerca che si conclude ovviamente senza successo ma con un fondo di verità dal retrogusto dolce. È la storia di tre allegri ungulati selvatici (tre cinghiali), Fangolo, Sdrucciolo e Tuffetto, uniti per caso, e per amicizia, in una missione decisamente inutile e apparentemente impossibile: la ricerca del famigerato fantasma passista. In realtà l´inutile missione è votata solo inizialmente alla ricerca del citato fantasma (ruolo magistralmente interpretato da Paola Grassini); poi, una volta raggiunto il fantasma, la ricerca diventa quella di un equilibrio, perso nel fango, ma poi ritrovato (anche nel fango), e anche un pochino sopra alla follia.

Sigla. Titolo. inizio del film.

12 gennaio 2014. Santa Maria a Monte. Località Cerretti. Oggi si corre una delle prime corse dell´anno del Circuito delle Tre Province (Pisa, Lucca e Livorno); corse rigorosamente non competitive bazzicate da centinaia di persone. In parole povere: corse campestri sulle colline toscane che si srotolano su strada e fuoristrada (boschi e campi).
È una tranquilla mattinata di gennaio; tranquilla, invernale e meteorologicamente paradossale: è inverno, c´è un bel sole ma si sfiorano i 20*C - "ma siamo davvero in inverno? Sì ma sembra giugno... Mettici un toppinio"- ma, ciononostante, i boschi sono pieni zuppi di insidie e di molta acqua: foglie secche macerate, rami d´albero caduti e non rimossi, elfi, hobbit, trols, new trols... ricchiepoveri ma, soprattutto, molto fango e anche grandi pozzanghere.
Sdrucciolo (Marco), è inquieto, ha un sogno e un pallino; il suo chiodo fisso è quello di riuscire ad arrivare, almeno una volta, davanti alla Passista Paola che, con la sua proverbiale velocità di crociera, sostenuta, decisamente snervante, per chi cerca di stare al suo passo, e misteriosamente costante, ha più volte mandato Sdrucciolo in sudditanza psicologica, rendendolo un cinghiale sull´orlo della sindrome da crisi del podista e arrivando addirittura a fargli pensare al suicidio nel forno ventilato di casa sua, seguendo pedissequamente un´antica ricetta per il cinghiale in umido della sua bis nonna, con l´olive e il lardo di Colonnata. Ascoltatolo, valutato il complicato caso clinico, e conoscendo i mezzi fisici di Sdrucciolo, il consiglio di Tuffetto all´amico e compagno di mille ristori, è più utilitaristico che ascetico... "lascia perdere... Paola imposta il cruise control e arriva pari pari a come la vedi ora. Ci puoi rimette´ il gps con la Grassini... Lei è così: parte e arriva alla stessa velocità e, se incontra un muro, ci passa attraverso senza rallentare d´un secondo. Facciamo il nostro e vaff..."

Neanche il tempo di finire la frase e, Fangolo (Francesco), notando la Grassini cento metri più avanti insieme ad altre Acquile Pisa Road Runners, pronuncia l´impronunciabile... "deh, bimbi, se li volete raggiunge´, dovete m´ove il culo, però... ´Ndiamo!"

Cose come questa non sono cose da dire a un cinghiale col vezzo del fantasma passista e a un Tuffetto senza il vezzo del risparmio energetico.
Così facendo, senza volerlo, Fangolo aveva attivato una bomba; la bomba erano Sdrucciolo e Tuffetto. "Vaffanculo, Fangolo!" Teste basse e via a palla con il nitro-power posizionato su "aperto a tutto fo´o": pochi passi al trotto e poi partenza a fiamma.
Asfalto. Poi bosco. Poca salita e poi discesa. "...ma quanto cazzo ha piovuto? Par d´esse´ alle Terme di Saturnia a fa´ i fanghi..." Di nuovo asfalto e, con vari colpi di reni e generose botte di glicogeno, gli intrepidi cinghiali raggiungono Paola e Co. e, con educazione, se la lasciano dietro insieme agli altri rapaci su un breve falsopiano asfaltato. Qualcuno prova a seguirli ma la foja è tanta, forse fin troppa, e certamente superiore a quella che sarebbe razionalmente richiesta, e i tre procedono imperterriti e indemoniati, come a rincorrere un altro fantasma passista, o a fuggire dall´umiliazione di un recupero, magari quando hanno esaurito tutte le energie. Proseguono forte.
Non si tratta di un suicidio annunciato ma poco ci manca; tutti e tre sanno cosa vuol dire chiedersi più di quello che si ha. Fangolo è un veterano del podismo e piglierebbe di tacco Forrest Gump: ha iniziato la sua carriera nell´85. Ha esperienza da vendere, valanghe di maratone e di trail sul groppone e sul curriculum e tanto fiato ma è anche indubbiamente un umile e un ottimo conoscitore di se stesso e dei suoi limiti... È quindi il primo ha fare una diagnosi e a sentenziare: "siamo partiti troppo forte; è da coglioni! Quando faccio il coglione faccio la botta... Oggi faccio la botta!" Ma nessuno degli altri due commenta: chi tace, acconsente, oltre a stare zitto, quindi continuano così: senza criterio; e decisamente troppo forte.
Cinque chilometri. Bosco. Primo ristoro.
Acqua. Thè. Uno zuccherino. Thè. Una fetta d´arancio. Sdrucciolo è ansioso "arriva Paola, lo sapevo..."
Tempo due e ripartono alternando discese al limite, salite fetenti col cuore in gola, pozze d´acqua grosse come piscine olimpioniche; guadano coraggiosamente altri sconosciuti potenziali centri termali con tanto di fanghi terapeutici ma, tutto sommato, i tre rincoglioniti, in diligente e consapevole attesa delle tre "botte", procedono anche piuttosto bene: Tuffetto monta scarpe con suola solo apparentmente M+S e scatta nelle salite, Fangolo va forte in discesa e, Sdrucciolo, continua a farsi trascinare, sempre tormentato, un po´ come l´ansia da ritorno di fiamma per il Pompiere, dall´ansia da ritorno di fiamma del fantasma passista Paola. Però ha poco tempo e poche energie per pensarci troppo: rimane concentrato sulla corsa.

Vanno avanti: boschi, fango e ancora ristori. Lo stormo di Paola è ormai lontano e non si vede più. È quello il momento per amministrare, o almeno sarebbe... perché tre cinghiali sono peggio di due, e due sono peggio di uno, quindi continuano a procedere così: con cardio a palla, a tirare le salite, a tirare i tratti in piano come cani della prateria imbizzarriti, determinati e votati al martirio per un fantasma che non è più quello della passista; forse adesso il fantasma passista è dentro ciascuno di loro: corrono a perdifiato convinti di dover raggiungere qualcosa di utile, in una corsa folle che ha tutti i tratti tipici della corsa inutile.

Boschi. Sentieri. Ancora alberi caduti da saltare. Lunghi tratti erbosi in mezzo a campi coltivati.
Saliscendi nel bosco, tanta gente che a volte rompe pure i coglioni con cani liberi o al guinzaglio; liberi di entrare tra le gambe di chi corre come un cane, senza essere un cane. Amabilissimi ostacoli che spesso strappano un educatissimo "beeeeeellino... Signora, stavo per investirlo... ´scusi...´ " Ci mancherebbe: i tre cinghiali sono podisti mediocri ma pur sempre amanti degli animali e poi anche in parte eccellenti gentiluomini. Così proseguono a perdifiato.
Discesa nel bosco. Il sentiero fa una conca. È piena d´acqua. In questi casi non si può parlare di "pozzanghera"; la migliore definizione possibile è "piccolo lago", "laghetto bonsai", "stagno", o "paludina". Fangolo sceglie l´argine sinistro. Tuffetto si vede la strada sbarrata a sinistra dal compagno di ristori, e l´argine destro è piuttosto impraticabile: radici e fusti di castagni e aceri fanno da barriera. "M´importanasega... Vada come deve andare..." Sceglie di guadare; di tentare la sorte senza rallentare, tentando il tutto per tutto magari camminando sulle acque.

Il piede sinistro di Tuffetto entra in acqua, è fredda e la sensazione spiacevole arriva subito, prima alla pianta e poi al resto del piede, fino alla caviglia. Il piede scende e attende un probabile atterraggio ma, per frazioni di secondo che sembrano minuti, non arriva niente. Per molti centimetri che sembrano metri, ancora niente. -"Ma quanto cazzo è fonda ´sta pozza?"-. Un altro fotogramma, un´altra frazione di secondo, e arriva la risposta: un ammasso gelatinoso fa educatamente adagiare la parte posteriore della suola sinistra di Tuffetto. Il piede scende un altro po´ e poi comincia a scivolare in avanti. -"Sono sul fondo. Non c´è grip... L´acqua è arrivata al ginocchio... Prepararsi al tuffo e all´atterraggio di fortuna"-.

In certi casi il cervello, rapido ed efficiente, lavora in automatico: agiscono i riflessi. Il cervello è una macchina meravigliosa, in certi casi, - anche quello di un cinghiale - analizza la situazione, cerca le possibili opzioni, valuta le conseguenze e poi agisce: Tuffetto continua a scivolare con il piede sinistro e porta in avanti il destro; poi porta indietro testa e schiena e apre le braccia portandole all´indietro; l´assetto da atterraggio selezionato in automatico è in parole povere quello del salto in lungo.
Adesso anche il piede destro tocca l´acqua, poi la gamba, il bacino e tutto il resto fino a mezza vita. L´acqua è fredda ma, con grande sorpresa di Tuffetto il fango è morbido e incredibilmente caldo. Mani e gambe sentono una massa morbida e calda tutto intorno; è un tenero abbraccio che dura troppo poco ma abbastanza per trasformare una piacevole e inaspettata e catastrofica situazione in un album di bellissimi ricordi.
Sono attimi ma dopo che il cervello ha valutato che nessun danno è stato riscontrato - niente sassi o ferri o legni sommersi; nessun taglio, slogatura o frattura - Tuffetto ha il tempo per cogliere tutta la bellezza di quella caduta. C´è acqua, tanta acqua intorno a lui, e la prima immagine che arriva a Tuffetto è quella di lui, bambino, che armeggia nella pila sul terrazzo di casa sua. Poi ancora acqua quando giocava sui fossi dei campi intorno a casa. Acqua... quando, contro la sua voglia di tuffarsi, l´istruttore di piscina lo scaraventava in acqua. Acqua... quando bazzicava i campi di pallone, spesso arandoli lottando su ogni pallone come un gladiatore in un´arena - "nato senza i piedi buoni, lavorare sui polmoni"-. Acqua... nelle mille avventure di pesca con l´amico di sempre. Acqua... nei pomeriggi piovosi d´inverno con l´altro amico fraterno. Acqua... nelle indimenticabili immersioni in apnea. E poi il fango; morbido e caldo come un abbraccio. Come quelli che furono, tutti belli e in un modo diverso: come quelli di una donna, di una mamma o di un babbo, di un fratello, una sorella, un figlio o un nipote.
Un attimo che non è più solo un attimo. Un attimo in cui si è perso l´equilibrio ma trovato qualcosa.

Tuffetto si alza sorpreso, più per il rapidissimo convoglio di ricordi e di emozioni che lo ha travolto, che per la caduta, si rialza in piedi e finisce di guadare la vasca dei ricordi. Poco sopra un tipo, che forse non aveva gradito troppo il folle e inutile sorpasso dei tre amici cinghiali, esclama a gran voce "EH HAI FATTO UNA BELLA FIGURA DI MERDA..." Tuffetto quasi non capisce; per lui il tuffo è stata la cosa più bella che gli è successa fino a quel momento di quella folle corsa. Poi, lento come di consueto ma non così tanto, afferra il senso del messaggio e, visto che è coi ricordi ancora immerso in quell´acqua, vorrebbe rispondere, senza però abbandonare il tema. Pensa all´acqua e al tipo e, d´impulso, gli esce una possibile risposta non proprio ortodossa e parecchio labronica, più che pisana - "t´avessi in culo, ti caerei in Meloria"-. (la parte finale del tuffo e disponibile su x.corre.it con commento del regista - video demenziale della corsa).

Ma Tuffetto riconosce subito che sarebbe sbagliato; che l´amico podista ha ragione e poi non potrà mai sapere tutto quello che quel tuffo ha rappresentato per lui. Così lascia passare un altro attimo, quello in cui l´equilibrio perso è ormai ritrovato; allor ancora in acqua, gli sorride, allarga le braccia, alza le spalle, si volta, ritorna sui suoi passi e lo lascia sul posto, ancora correndo come un cinghiale a un ritmo troppo veloce per avere un senso, e ancora con gli amici cinghiali compagni di corsa.

Poi ancora un ristoro. Un tratto di asfalto fetente in falsopiano e il Garmin che dice "18KM!" ma del traguardo neanche l´ombra... "diciotto chilometri un sega...".

Ultimo tratto di asfalto e Sdrucciolo allunga il passo. Tuffetto non può far altro che assecondarlo, come se fosse la finale alle olimpiadi, e poi dicono basta e trotterellano fino alla fine. Poi finalmente il traguardo, gli amici, il pacco gara e l´ultimo ristoro.
Fine della corsa.
Nell´arco dei 20 chilometri, la migliore battuta è di Fangolo, parlando con Sdrucciolo relativamente alle sue numerose maratone in tutta Italia e non solo... "È anche l´occasione per vedere posti nuovi e per correre... Insomma, per prendere due piccioni con una fava. La fava sono io..."
La cosa più bella: le generose slappate sul viso di un bellissimo cucciolo di Labrador femmina di quattro mesi completamente nero; di nome Bianca... e poi il bicchiere di vino rosso e la bruschetta con aglio e pancetta divorati all´arrivo. E anche il piacere di aver condiviso un´altra inutile follia con due amici.

Diciamo che questo è più o meno tutto e, come ho detto inizialmente, il film è decisamente inutile; com´è stato quasi inutile rischiare l´infortunio alla ricerca di un´inutile chimera.

Inutile... ma alla fine neanche troppo. Non è inutile svegliarti alle 6 la domenica mattina, o fare colazione mentre ti chiedi e ti rispondi quello che è legittimo chiedersi in quei momenti -"ma sei scemo? ...si, altrimenti avrei messo la sveglia alle dieci e, a mezzogiorno, avrei chiamato il soccorso ACI per estrarmi dalla buca fatta nel materasso!"-.

Non è inutile farsi 50 chilometri in FI PI LI per raggiungere una - improbabile fino a ieri sera - Località Cerretti vicino a S. Maria a Monte.

C´è qualcosa di utile da qualche parte in tutta questa inutile follia e lì puoi perdere e ritrovare l´equilibrio; forse è come dice Vasco della Vita, ovvero che è tutto un equilibrio sopra la follia ma c´è anche del bello in tutto questo.

Te ne accorgi la domenica sera, quando, con le gambe dolenti e un sonno boia, svieni sul letto a cui hai detto ciao a malincuore solo diciotto ore prima. Chiudi gli occhi, sorridi... e ti addormenti felice come un bimbo.
C´è parecchio di utile... ma non si vede.

Provare per credere.
eciwm


Fonte: Enrico Marchetti



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