25 Aprile 2024

Mezzi miracoli a Capraia.

5 aprile 2014. Ore 7:00.

>> Arriva un sms: "io sono qui fuori...". Marco mi aspetta fuori in macchina: finalmente si parte per Capraia.
>> Metto le ultime cose (caricatore del cellulare, macchina fotografica, maschera, boccaglio, caricatore della macchina fotografica, zaino con camel bag, e poco altro) in una borsa troppo grande per una mini vacanza di nemmeno due giorni. E anche troppo pesante.
>> Esco di casa e, non contento, prendo l´ultima cosa; pesante anche quella: cintura sub con cinque chili di piombi.
>> Ma come spesso accade, quando stai per partire, non sono ancora a posto; nella testa mi ronza qualcosa; qualcosa che avrei dovuto prendere ma non ho preso. Qualcosa che avevo pensato di portare ma sento di non aver messo in borsa; così rientro in casa, in cerca dell´ispirazione.
>> Sul tavolo di cucina ho due cose che hanno accompagnato tante mie corse: cardiofrequenzimetro e gps. Ieri sera ho pensato che li avrei senz´altro portati in Capraia; li avevo messi lì per non dimenticarli. Li guardo un attimo. Ma decido di non prenderli: "tanto forse non corro... e, se corro, ´stavolta faccio senza".
>> Esco e corro in macchina. Si attraversa una Pisa ancora vuota, silenziosa e addormentata, ma bellissima; si passa a prendere Alessandro e poi Gastone e, finalmente, si procede diretti sparati fino al porto di Livorno.
>> Qui... botta di culo: ci tocca l´ultimo posto auto al parcheggio del porto. Il tipo dice "lasciate qui la macchina con le chiavi dentro..." La macchina è di Marco ma lo vedo tranquillo. Così, si scendono le borse e si sale sulla Liburna. La nave per Capraia.
>> Appena salgo a bordo mi sovvengono i ricordi del viaggio dell´anno passato. Eravamo io, Marco e Gastone e non conoscevamo nessun´altro.

>> Quest´anno invece tante facce sono "vecchie" e care, come quelle di Mauro, Andrea, Cristiana, Francesco, Lorenza e Luca, Dino: vecchi e nuovi compagni di corse di casa. Anche altre facce le ho già viste, sono quelle di qualcuno conosciuto un anno fa, sempre in Capraia, come Luigi, Francesca e Marco. Con lo sguardo, cerco Mauro Giraudi ma non lo trovo; con lui, per ora, ci siamo conosciuti più su piattaforma digitale che dal vero. Buffo l´incontro con Luigi Ceccarelli. "Ciao, io sono Enrico... sei Luigi?", lui risponde con una faccia la cui espressione è un gigantesco punto interrogativo... "... sono Enrico Capraia Into The Wild Marchetti..." (Il mio stronzissimo nome su Facebook) "Ah... Capito! Ciao, piacere!"
>> Il viaggio prosegue a rilento e già si percepisce aria di attesa e di festa. Per ammazzare il tempo... si dorme. E quando dormo in nave, anche se mini, so che è già vera vacanza.
>> Arrivati a Capraia, si procede all´operazione di smistamento atleti. Cristina e Simone, con interminabili liste di nomi in mano, cercano il bandolo della matassa del complicato intreccio che è la sistemazione alberghiera di circa trecento atleti più, per chi ne ha, anche di parenti e affini.
>> Cristina, immersa nel marasma più totale, ha anche la gentilezza di salutarci con entusiasmo e anche la forza di rimproverarci perché l´abbiamo massacrata di mail e messaggi per info, voucher, iscrizioni, certificati, dubbi, angosce, quesiti e curiosità.
>> A noi tocca il Villino Holly, al n.22 di Via Umberto I.
>> Ivi residenti, per circa un giorno e mezzo, vi saranno io e Dinone Dringoli, al piano terra; mentre al primo piano soggiorneranno Marco, mio fratello, e il trailista con il nome più lungo dell´evento (Gian Gastone Gualtierotti Morelli), per comodità detto Gas o anche GasGas (ripetuto due volte velocemente). Sempre al primo piano ci sono due gradite scoperte di questa vacanza: Giorgio Giorgi e Matteo Giorgi, babbo e figlio, per gli amici, Batman e Robin, perché sono sempre insieme e confabulano e si confrontano in maniera fantastica su qualsiasi argomento ed è un piacere solo stare lì ad ascoltarli.
>> All´ora di pranzo, mentre il resto della truppa se ne va al ristorante, io e Gianni -il Bicchi- prendiamo mute da sub e attrezzature e andiamo a farci un tuffo in un mare azzurro e limpido come il blu dipinto di blu.
>> Una volta uscito dall´acqua, ancora con il sapore del mare sulle labbra, capisco che questo tuffo è già diventato uno dei tanti buoni motivi per tornare a Capraia nel 2015. "Prendere nota: Save the date!"
>> Usciti e riassestati, in abiti civili, io e Gianni siamo ancora a stomaco vuoto... Il problema si risolve alle ore 16 al campo base: merenda sociale. Ognuno (molti) dei partecipati ha portato qualcosa di caratteristico da casa sua, per condividerlo con tutti in una fantastica merenda collettiva; così non è affatto un problema riempirsi lo stomaco con salami, prosciutti, crostini, piadine, biscotti ecc ecc; il tutto accompagnato da ottimi vini.
>> Luigi Ceccarelli e Marco Zarantonello, due dei numerosi top runner, dispensano generosamente affettati, formaggi, e non solo. Così, alle ore 17 ho brillantemente risolto il mio "problema pranzo".
>> Il pomeriggio del sabato pregara è uno spasso; è una specie di progressione verso una dimensione parallela stupendamente vacanziera: si ammazza il tempo facendo foto, aperitivi, chiacchierando della gara e del più e del meno, dormendo sul molo del porto, rifacendo aperitivi. È in queste fasi che, anche se fondamentalmente siamo tutti qui per quello, la gara dell´indomani, quasi passa in secondo piano.
>> In questi momenti pensi veramente che stai così bene, lontano e protetto dal mare da quel mondo "di là" che troppo spesso riesce a diventare pura follia, che ti senti finalmente in una nicchia felice della tua esistenza, purtroppo a tempo determinato; forse il tutto anche debitamente e magicamente facilitato dalla birra tipica locale (la birra Karpa).
>> Una birra che - a detta del barista all´apparenza molto preparato- si gusta meglio a temperatura ambiente, più che fredda...
>> Il consiglio è comunque quello di provarla, prima fredda, e poi a temperatura ambiente; a quel punto, si può esprimere la propria preferenza. In caso di dubbio... Ripetere l´operazione anche più volte!
Così facendo, i minuti, tra Karpa e chiacchiere, passano fin troppo veloci.
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>> Parte di un aperitivo ha avuto come argomento principe "Federica Pellegrini". "Oh... C´è la Pellegrinisu quella barca a vela..." "Noooo... Non è lei... No, aspetta... Però un po´ ci somiglia... È lei, si, è lei!"
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>> Nel dubbio... per derimere la questione, qualcuno suggerisce di buttarla in acqua per vedere come se la cava. Poi, all´improvviso, qualcun altro le si avvicina e poi ritorna in gruppo rompendo l´incanto con un verdetto infausto ma non troppo disastroso: "Non è la Pellegrini... Però è una bella gnocca lo stesso; e anche parecchio!"
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>> I maschi votanti sono tutti favorevoli: alzata di mani generale; le donne, indignate, si astengono.
>> Verso le 20 si rincasa per rifarci il look e ci dirigiamo a cena: Ristorante il Corsaro.
>> Qui facciamo una bella tavolata con Marco, Gas, Dino, Batman e Robin, Letizia, Gianni e Pippetto.
>> Si scambiano due parole anche con alcune vicine. Gente di Parma. Sono al loro primo CWT e mi diverto un po´ a spaventarle... "Guardate che è pericolosissimo... Al briefing c´è lo ripeteranno fino allo sfinimento... Dobbiamo fare molta attenzione... Non c´è praticamente la possibilità di essere soccorsi in caso di infortunio grave... Hanno anche lasciato delle pale sul sentiero per seppellire chi non c´è la fa... Per non lasciare rifiuti sul percorso... Bisogna essere precisi, in questi casi!" La cena prosegue allegramente.
>> Rispetto alla cena dell´anno passato, anche se non sono ancora certo di partire, mi do una regolata incredibile: si e no mezzo bicchiere di vino e due piatti di riso. Di secondo portano un po´ di pesce spada e chiudo molto professionalmente con caffè senza zucchero.
>> Tra una chiacchiera e l´altra arriva l´ora di andare a dormire e, la gara, ancora, sembra molto lontana e, sommando tutte le cose belle viste e fatte oggi, le piacevoli conversazioni con gente piacevole, non sembra neanche così importante.
>> Mattina del 6. Il giorno della gara.
>> Si fa colazione: pasta e cappuccino. Poi corsa per occupare il bagno... "Vai prima te!" "Non non è ancora matura... Vai te!"
>> A evacuazioni avvenute, si completano le vestizioni e si controllano le dotazioni.
>> Adesso devo scendere al porto, arrivare sulla linea dalla partenza, e decidere se provarci.
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>> Sta per cominciare uno dei più bei trail italiani: il Capraia Wild Trail 2014.
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>> Esco di casa vestito di tutto punto. Per chi mi vede così agghindato, sono in assetto da uno che sa il fatto suo; come un atleta vero; come uno pronto a masticare granito e a rifare ghiaiottoli.
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>> Abbigliamento. Scarpe off road; calzettone tecnico booster; pantaloncini in sintetico auto-respiranti, auto-drenanti, auto-correnti; maglia termico-tecnica high performance; canotta d´ordinanza Pisa Road Runners Club, con appuntato sopra il mio pettorale n. 168; mistico giubbino Pisa RRC wind stop; k-way ultraleggero, ultra slim, ultra high tech; bandana al collo del Capraia Wild Trail 2013; zainetto con camel bag con 1,5lt di gatorade, mezzo litro di polase, barrette energetiche e una cioccolata fondente. Ma c´è un "ma": non sono per niente sicuro di partire.
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>> Il mio pre-gara. Non corro seriamente da un mesetto. Ultimamente, più che corso, ho pedalato: i recenti nuovi acciacchi alla caviglia, da un mese a questa parte, sono sempre lì a ricordarmi che non sono d´acciaio, non sono più un bimbo, sono soggetto a usura e che devo imparare a non chiedermi troppo; non più. Alla mia età, forse complici anche svariate botte e distorsioni rimediate sui campi di pallone, qualche avvisaglia di logorio di un fisico da sempre più votato al martirio che al divano di casa, a un certo punto, arriva; e, quando arriva, è bene ascoltarla! E questo lo dico più per me, quando mi rileggerò, che per chiunque altro.
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>> Una caviglia, quando vuole, ti parla e si fa sentire bene... "chi ha avuto ha avuto ha avuto... chi ha dato ha dato ha dato... scurdammose ´o passato..." Una caviglia ballerina, questa, più fragile di quello che avrei voluto, a cui devo molto, però; una caviglia che mi ha dato molto. Che sia benedetta per tutto quello che mi ha regalato da quarantatre anni a questa parte...
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>> "Oggi corro?" E´ una domanda che mi faccio da quando ho aperto gli occhi stamattina, a cui non so davvero rispondere. "Ci provo!", la risposta, più o meno convinta, che tento di darmi.
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>> "Ci provo...", avevo risposto a colazione a Gastone, amico e compagno di tante avventure corsaiole, napoletano docg, quando, in fantastico napoletano, mi aveva chiesto "Enri´... tu che fai? Parti?".
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>> A quella mia risposta, Gastone, favoloso interprete delle emozioni racchiuse nelle espressioni altrui, rivolgendosi a tutti, aveva replicato così " Fantastico... Enri´ getta sempre il cuore oltre l´ostacolo!" -dove "cuore" e "ostacolo", detti in napoletano, acquistano profondità e diventano solenni e musicali come la poesia-.
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>> Oggi mi presento alla partenza con qualche punto interrogativo che mi rimbalza tra i tanti pensieri: "...e se ce la facessi? Se la caviglia reggesse? Se la facessi camminando?" Ma anche... "se si rompe qualcosa? ...se fosse un azzardo... se mi faccio male veramente?"
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>> Tuttavia, nonostante l´incognita, lo stato d´animo è buono: sono sereno; di dolore non ne sento.
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>> Mi convinco sempre di più che il programma di oggi per me è uno solo: aspettative... zero!
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>> Scrollata di spalle; e, dal profondo della pancia, arriva un sorriso.
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>> D´altronde la giornata di sole rende splendida l´Isola. Il panorama è da cartolina e il senso di appagamento, considerando anche la meravigliosa immersione in apnea con Gianni di ieri, è pressoché raggiunto.
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>> Scendo dal Paese verso il Porto lungo la bellissima -e unica!- strada auto-percorribile con vista mare di Capraia, e ho l´ennesima riprova che correre è una bella cosa; indipendentemente dal correre.
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>> È lungo strade e sentieri come quelle che ci sono qui in Capraia che hai l´opportunità di incontrare persone che non ti aspettavi, e che valeva veramente la pena di conoscere. Alcune di queste, per paradosso; un paradosso dissacrante ma, se ci penso bene, anche parzialmente riabilitativo delle moderne, spesso sopravvalutate, dimensioni parallele attuali digitali, le hai conosciute più che altro prima su facebook e, poi, -per fortuna, e anche parecchio meglio!- nella vita reale.
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>> Sulla discesa che conduce al Porto vengo raggiunto da Marco Frontini, conosciuto, con Signora e bimbo neonato al seguito, l´anno passato, proprio qui; per il Capraia Wild Trail 2013. Marco lo sa che sono acciaccato ed è molto delicato sull´argomento: si scambiano, a tale riguardo, due parole con buona disincantata lucidità; la mia. Lui, invece, è altrettanto lucido ma anche in gran forma: gli si legge in faccia: i lineamenti sono quelli di uno che non è venuto qui per raccogliere margherite.
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>> Ancora qualche passo insieme e veniamo raggiunti e superati da uno dei più grossi personaggi che ho incontrato correndo: è velocissima, eclettica, sprizza gioia di vivere da tutti i pori, corre con rossetto e mascara, è sempre allegra, è macchinista delle Ferrovie dello Stato, ha un cane enorme che si chiama Boris, ed è l´unica ed inimitabile Francesca Barneschi. Francesca ci saluta, ci facciamo due foto insieme, e poi corre via perché dice che deve ancora fare colazione e che non vuole rischiare di partire col bombolone in bocca come è successo altre volte.
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>> Quando arrivo al Porto l´atmosfera è di festa; una festa alla quale non mi sento particolarmente tra gli invitati. Vedo facce nuove e facce "vecchie". In molti si scaldano già da un pezzo; qualcuno si fa le foto, qualcun altro ti fa le foto; qualcun altro ancora ti chiede di fargli una foto. La musica è a palla, un po´ tamarra a dire il vero. Io non mi scaldo neanche: mi limito a fare qualche esercizio di verifica di funzionalità della caviglia. Ginnastica propriocettiva la chiamano.
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>> In questi momenti, a cose normali, si alternano fasi in cui ridi e scherzi un po´ con tutti e fasi in cui ti isoli da tutto e da tutti: ti isoli e ti concentri. In questi momenti, se i pensieri fossero musica, è come se si alternassero "true the barricades" degli Spandau Ballet -quando ti isoli in te stesso-, e "YouShook Me All Night Long" degli AC/DC, -quando ti riconnetti con l´ambiente circostante-.
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>> Un alternarsi di musica soft in sottofodo, e musica frastornante con volume a palla. Acceso... Spento...
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>> Poi si avvicina il momento dello "start" e si procede con "la chiama": partecipante per partecipante viene chiamato a passare sulla linea di partenza per il check del controllo riserve idriche; qui, io, sono in pol-position, sono in strastraregola, sono il campione del mondo: rispetto al litro obbligatorio richiesto, -conoscendomi, e memore del mio Capraia Trail 2013...- ho ben due litri in dotazione!
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>> In questa fase mi rivedo, sempre qui, un anno fa. Allora avevo sbagliato tutto: era tutto al contrario.
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>> Un anno fa avevo le caviglie più in ordine ma tutto il resto era a rovescio. Arrivai a Capraia sovrappeso e senza un particolare allenamento; non avevo ancora fatto la mia prima e unica maratona e avevo caricati nelle gambe solo pochi chilometri, per lo più su strada. Poi non brillai neanche troppo nella preparazione psico-fisica del giorno prima della gara... Non a caso, quella dello scorso anno, l´ho chiamata "la corsa di Paul Gascoigne" perché, oltretutto, arrivai alla linea di partenza ancora parzialmente annebbiato dai fumi dell´alcol di un ottimo vinello bianco fresco che accompagnò tre ottimi piatti di pasta al pesce, la sera prima, al ristorante.
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>> Adesso che sto per cominciare il mio trail 2014 mi viene da ridere mentre ripenso a tutto questo: ironia della sorte, proprio ora che sto per partire per il mio secondo Capraia Wild Trail, non sono "in bolla" per altri motivi... Pensieri rassegnati. "che sfiga... ora che sei in discreta condizione atletica, sei azzoppato..."
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>> Ma anche pensieri positivi. Una vocina comincia a farsi sentire dal profondo "...provaci! Parti piano, leggero... usa l´avanpiede; se non puoi correre, puoi sempre camminare. Se senti male... puoi sempre camminare. Poi vedi a che punto sei e, casomai... torni indietro; oppure arriva alla fine entro le cinque di oggi pomeriggio che c´è il traghetto... Ma, per non pentirti... provaci!"
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>> Finita la chiama, inizia il conto alla rovescia. In questa fase, mentre tutti si spingono verso la linea di partenza, io, come un salmone in un torrente che risale contromano la corrente, faccio di tutto per raggiungere le retrovie. Dieci secondi e poi via. Cinque. Tre. Due. Uno. Partiti!
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>> E´ sempre emozionante questa fase: si sente che, per quanto piccola, è cominciata una cosa che ha tutti gli ingredienti di una cosa solenne; e che merita sempre e comunque l´adeguato rispetto. Chi parte, si mette alla prova; sfida le numerose insidie che lo stanno aspettando, e forse forse arriva anche cambiato dentro; magari anche per sempre, magari anche al di fuori da qui; perché, per quanto piccola, una cosa come questa è pur sempre una piccola impresa. Il mio amico e compagno di squadra Tarfy Rob direbbe che "chi porta a termine una simile impresa, è una persona che non teme le sfide ed è quindi degna di onore".
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>> Parto per ultimo. I miei primi cento metri sono più lenti di quello che considero un piccolo trotto. Qualche parente di qualche partecipante, la vigilessa di Capraia e qualche portuale, mi incoraggiano e mi danno forza e ancora più voglia di provare.
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>> Decido per fare i primi chilometri a questo passo da bradipo e sento che, tutto sommato, la caviglia è stabile e non fa male. Guardo in basso e, nei limiti del possibile, cerco di essere più leggero che posso: un ippopotamo che cerca la leggerezza di un ballerino. Mi viene in mente la canzone di Zarrillo, "l´elefante e al farfalla".Cercherò di essere un elefante; con la leggerezza di una farfalla.
>>
>> Svolta a sinistra. Si esce dalla strada per impegnare un sentierino in pietra che scende fino al mare. Rallento ancora. Chi avevo superato sull´asfalto in salita, adesso mi ripassa. Poi si sale. Si rientra in Paese e poi comincia la salita. In salita vado bene; riprendo e supero chi mi aveva superato in discesa.
>>
>> Incontro Cristiana The Rock Cattuzzi, la saluto, lei ricambia e dice "tutto ok" e proseguo.
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>> Adesso sento che il riscaldamento è finito. La strada è ancora buona in questo punto e continuo a non soffrire la salita. Qualcosa che non controllo completamente -istinto naturale, allenamento o forza dell´abitudine- prevale sulla prudenza e mi sorprendo ad accelerare il passo. Aumento il ritmo. In lontananza intravedo Letizia e penso che posso provare a raggiungerla e poi provare a stare al suo di passo. Mi avvicino, vedo che armeggia alla cannuccia del camel bag; rallenta un po´ e la raggiungo.
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>> Mi tengo a debita distanza perché non mi va che mi veda: non voglio condizionare la sua corsa nel caso in cui - e in questa fase me lo aspetto da un momento all´altro - dovessi sentire un "crak" o un "crok" e, magari, dovermi fermare e mettere nell´imbarazzo di aspettare o proseguire chi mi dovesse soccorrere.
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>> La strada poi diventa sentiero e molti tratti sono anche camminabili. Alcuni sono solo camminabili.
>>
>> Trovo anche Mauro Ciapetti e cerco di seguire Letizia: si guada un ruscello, ci si arrampica un po´ in stretti pertugi in salita tra le fronde della bassa vegetazione; poi ancora qualche tratto corribile.
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>> Qui si apprezzano odori di mirto, e di arbusti selvatici. Lo stesso odore che ha la Corsica.
>>
>> A un certo punto Letizia mi dice "se mi passi ti picchio!". Procedo ancora un po´ dietro di lei, senza né il rischio né la voglia di essere picchiato. Presto un´attenzione maniacale al terreno: scelgo accuratamente dove posare il piede, soprattutto quello destro, quello della caviglia "a tre cilindri"... Sto attentissimo. Troppo attento al piede destro; troppo poco al sinistro. In un breve tratto corribile poggio male il sinistro, e prendo una prima storta alla caviglia "sana". Fa male. Per fortuna si crea un nuovo ingorgo su un tratto in salita e siamo costretti a camminare. Il dolore si attenua; poi scompare. Oppure lo sto solo ignorando.
>>
>> Più si procede e più mi convinco che nei tratti camminati in salita ho un bel passo e sono i tratti migliori per la mia caviglia: lì non c´è trauma e c´è tutto il tempo per scegliere una superficie d´appoggio decente.
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>> Penso che se, d´ora in avanti, per i giorni e i chilometri a venire, comincia a essere il caso di evitare questi maltrattamenti alla caviglia, posso sempre fare delle belle camminate in montagna -"è bello lo stesso". Proseguo ancora e più fiducioso.
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>> Poi faccio il punto della situazione rispetto all´anno passato e mi rendo conto di un sacco di cose. Per esempio che ho volutamente lasciato a casa cardiofrequenzimetro e gps; e che non ne sento assolutamente la mancanza. Mi accorgo che sto bene e che, adesso, mi conosco meglio; mi so gestire; so quando e quanto devo bere; mi accorgo che mi sto divertendo; sono felice. Non li ho voluti "gli strumenti del mestiere"; perché ho deciso che, se questa dovesse veramente essere la mia ultima corsa di questo genere, la voglio fare a modo mio; solo con i miei mezzi: corpo; anima; cuore.
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>> Tornato con la testa concentrata sul sentiero, prendo una decisione difficile, anche a costo di essere picchiato: superare Letizia e lasciarla con Mauro; sfruttare la mia buona velocità di scalatore-caminatore per trotterellare dove gli altri corrono. Mi viene voglia di provare a battere il tempo indecoroso dell´anno passato; credo 3h e 45´.
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>> Non è stata una decisone semplice ma a quel punto ho pensato che, salvo miracoli, quello poteva essere il mio ultimo trail; -"e allora prova..."
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>> Così, a costo di essere picchiato, passo Letizia, sicuro che sappia il fatto suo, sicuro di lasciarla in completa sicurezza -una sicurezza marcata Mauro Ciapetti: in pratica una polizza assicurativa ambulante- ; convinto che, prima o poi, me li sarei veduti sfrecciare a fianco sui tratti di corsa che, per me, sarebbero stati tratti di cammino.
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>> Arrampicandomi come un vero caprone o come un capriolo di montagna, proseguo benissimo e con grande soddisfazione nei tratti in salita, e abbozzo brevi corsette in quelli corribili. Scendendo un sentiero, aggrappandomi a più non posso a qualsiasi arbusto incontrino le mie mani, vedo un altro amico conosciuto nel 2013: Mauro Giraudi.
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>> Aspetto che ricominci la salita e, finalmente lo raggiungo. Lo soluto e la prima frase di Mauro è sibillina "Ah... sei te... meno male che avevi male alla caviglia..." Mauro mi chiede se voglia passare davanti ma lo ringrazio e gli dico che mi va bene così, che non voglio esagerare, che mi fa anche comodo perché "mi taglia il vento"... e che poi, magari agli ultimi cento metri, scatterò per la volata finale. Lui ride e mi fa da guida alpina.
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>> Sto dietro a Mauro per alcuni chilometri; concentratissimo, seguo "alla lettera" i consigli che i suoi piedi danno ai miei: dove poggia il piede lui, lì lo poggio anch´io. Mi stacca un po´ sui tratti di corsa ma recupero ancora in quelli in salita, camminando. Mi viene in mente che, un anno fa, a questo punto, ero quasi morto e semidisidratato; questo mi da forza e ancora più entusiasmo.
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>> Consulto l´orologio. Bevo un po´. Mauro mi fa ridere perché dice che mica se lo ricordava che era così dura. Io rispondo che le cose brutte si rimuovono volentieri; forse è per quello. Un paio di fiorentini più veloci di noi ci chiedono strada e noi ci facciamo da parte. Poi arriva il famigerato muro di granito da scalare.
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>> Una salita che sembra non finire mai. E, quando finisce, continua sottoforma di sentiero immerso tra gli arbusti, sempre in salita, con scalini e gradoni di pietra a non finire. Verso il decimo chilometro Mauro si ferma e io gli dico - chiedo, per la verità- di andare... Lui mi da l´ok e riparto. Poco dopo riprendo la pattuglia di fiorentini ansimanti e, come un veterano degli alpini, li ripasso di gran passo.
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>> Poco sopra, qualcun altro sconosciuto fa da "blocco" e si crea qualche ingorgo; però siamo sempre sul mio territorio -sentieri e salita-, e ne voglio approfittare; così, quando arriva una specie di locomotiva che non si perita a chiedere a tutti "permesso... permesso... posso passare? Permesso... mi fate passare?", mi ci accodo volentieri, spesso giustificandomi con gli altri "ehh... scusate, siamo insieme...". Per togliermi dal collo di bottiglia, sfrutto questo sconosciuto e inatteso "spazzaneve" di cui ricordo solo le scarpe gialle e blu, fino a quando Il bulldozer si stanca e mi cede la guida ma siamo quasi in vetta.
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>> Appena comincia il tratto in piano e poi in discesa, provato qualche instabile passo, mi fermo e proseguo a passo svelto ma mi vedo ripassare da scarpe giallo-blu; poi, poco dopo, di nuovo, anche dalla pattuglia di fiorentini e, a quel punto, mi aspetto di vedere apparire anche il mio amico Mauro Giraudi e poi anche la coppia Filippi-Ciapetti. Tra sorpassi e risorpassi mi sembra la corsa più pazza del mondo... quella con Dick Dastardly e il Cane Muttley, Penelope Pitstop, Clyde e la sua banda e tutti gli altri.
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>> Ci provo a correre sui sassi tondi ma non troppo e, tutte le volte che ci provo, finisco per dirmi di amministrare, di andare piano, di usare più la testa che la pancia... mi dico che ormai ho passato la metà della corsa - quindi il punto di non ritorno- e che l´obiettivo, adesso, è il traguardo; da qui, taxi o autobus, non ne passano proprio.
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>> Correre, per me, diventa solo possibile in alcuni tratti meno sconnessi della "strada" di sassi, o su altri brevi tratti di sentiero che alterna salita e discesa su fondo di terra.
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>> Poi arrivo ad una spianata. C´è molta erba e qui posso correre. Dopo un po´ mi raggiunge una pattuglia di semi sconosciuti; tra questi, anche se non so il suo nome, c´è anche la moglie di Marco Zarantonello, top runner che conoscono tutti; quindi, per rispetto e timore reverenziale, faccio passare e cerco di accodarmi a questi.
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>> Si arriva alla zona paludosa del laghetto delle Ninfe, qui il fango mi ricorda molte tre Province in compagnia dei compari Sdrucciolo e Fangolo. Poi si monta su un crinale e, per guardare un secondo il panorama, metto male il piede sinistro -quello buono- e mi prendo la seconda storta della giornata.
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>> L´ultimo della fila mi chiede se va tutto bene; io, per orgoglio, dico "tranquillo, tutto a posto" ma ho un male cane alla caviglia.
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>> Rallento. Mi fermo. Poi riparto più convinto che mai: a quel traguardo ci posso veramente arrivare. Adesso lo so. Poco più avanti si deve ancora camminare, scalare al passo; in alcuni tratti, letteralmente, calarsi tra le rocce, poggiando mani e piedi. Sento il sonoro dei loro gps che dicono che un altro chilometro se n´è andato. Sedici chilometri fatti. Poi qualcuno dice che non sono 20, sono 18, e quindi ne mancano solo due. Un altro, in cima al plotone dice "20 e 800". Io, da dietro, dico "io sapevo 20 e con 800 di dislivello positivo..." ma nessuno mi caca.
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>> Dopo un tratto roccioso comincia finalmente la discesa: si intravede il carcere abbandonato. Guardo l´orologio che dice 2h e 38 e mi illudo di rischiare di arrivare entro le 3 ore. Queste, in certi momenti, sono cose belle da raccontarsi, soprattutto se ci credi; anche se sono impossibili.
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>> La discesa prima del carcere è lunga, tortuosa, fatta da un sentierino fangoso e qualche roccia anche scivolosa e, di qua e di là, ancora da arbusti e alberi: utilissimi per frenare.
>>
>> Ad una curva stretta, alzo lo sguardo per guardare quanto manchi al carcere, vado lungo... e frano a peso morto -abbracciandolo affettuosamente- dentro a un enorme cespuglio.
>>
>> Un ramo mi si conficca nel palmo della mano destra: lascio lì il mio piccolo tributo di sangue a Capraia.
>>
>> Poi, finalmente, arriva il carcere - nel senso di passarci attorno - e ancora più finalmente, la strada. Strada... definirla come tale è un sottile eufemismo, una dolce e graziosa metafora: è larga, anche bella, anche panoramica, ma dire che è un po´ sconnessa è come dire che la Torre di Pisa e abbastanza dritta.
>>
>> Anche qui ci provo a correre, forse a incredibili velocità come 8min/km... ma poi finisco sempre per ricordarmi che, se sono arrivato fino qui, è veramente il mio mezzo miracolo di Capraia - uno dei più bei regali che potessi farmi -, e allora mi viene in mente un concetto molto profondo "vaffanculo al "tempone"... va bene camminare". "Arriverò ben oltre le tre ore. Chi se ne frega..."
>>
>> Nel tratto di strada sotto il carcere, sempre camminando, finisco la poca riserva del camel bag e, crepi l´avarizia, mi secco anche il mezzo litro di polase, ringraziandomi anche parecchio per la mia auto-gestione organizzata di quest´anno.
>>
>> Incontro alcune signore che si complimentano con me, mi fermo a fare due chiacchiere e mi volto indietro, in attesa di Mauro Giraudi e magari di Letizia e Mauro, che aspetto di veder apparire da un momento all´altro, magari per arrivare insieme; ma non arriva nessuno. Saluto le gentili e tifosissime signore e procedo ancora un po´.
>>
>> Faccio un altro tornante al piccolo trotto e, a 50 metri, mi vedo cadere a terra un ragazzo. Più o meno è lo stesso punto dove, l´anno passato, aiutai ad alzarsi un ragazzo di Livorno; si chiamava Luca, e aveva forti crampi.
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>> Quando lo raggiungo, anche lui - soffrendo come una bestia - mi dice che ha un crampo. Lo aiuto a rialzarsi e gli chiedo se ha bisogno di me, lui dice "grazie... vai pure... io, anche a zoppetto, voglio arrivare al traguardo".
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>> La truppa della Signora Zarantolello è ormai lontana. Prima di ripartire, mi volto indietro ma di Mauro Giraudi, Mauro Ciapetti e Letizia, non c´è ancora traccia.
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>> Lo saluto e, finalmente, dietro una curva stretta inizia la strada vera, prima di cemento; poi asfaltata. Passo sotto una specie di arco di trionfo e incontro un tipo sconosciuto che si congratula con me come se fossi un super campione del mondo e mi dice che è finita "due rampe e sei arrivato... bravissimo!".
>>
>> Un´altra curva e trovo Gianni, compare di apnea e marito di Letizia, e Pippo, il loro bimbo. Mi fermo esultante per una foto a braccia alzate con Pippo e poi proseguo trotterellando; è qui che comincio a sentire le gambe dure, e il passo diventa più corto. È anche qui che mi convinco definitivamente che, questa caviglia, oggi, ha fatto veramente un mezzo miracolo; adesso, nonostante tutto, non sento dolore, anche se ho le gambe dure e provate dalla discesa.
>>
>> Quando la strada si fa pianeggiante, in prossimità dell´ingresso del campeggio, galvanizzato, noto che le gambe ricominciano a girare; all´altezza della chiesetta che da sul porto batto il "5" a quattro bimbi seduti lungo il percorso. Poi vedo il tappeto blu e i cubi bianchi e blu Brooks e poi il tanto desiderato arco di trionfo Brooks; è l´arco che delimita il confine tra il probabile abbandono e il mio mezzo miracolo di Capraia.
>>
>> La scena mi ricorda l´atterraggio di un aereo sulla pista. "Signori e Signore... stiamo atterrando al Porto di Capraia... Grazie per aver volato con la Enrico Capraia Into The Wild Marchetti Air Lines!"
>>
>> Riconosco la voce di Simone, al microfono, che chiama "il numero centosessantotto..." -il mio- "Enrico Marchettiiiii...".
>>
>> Alzo un dito in segno di vittoria, in segno di sfogo e in segno di gioia; per una gioia che correvo il rischio di non correre. Esce una punta d´emozione e un groppo in gola: gioia ed orgoglio si mescolano e escono fuori da quel dito proteso verso il cielo.
>>
>> Cristina mi riceve sulla linea del traguardo; lo sa che sono uno di quelli del gruppo dei dissidenti ma simpatici e mi rivolge solo tre parole che a me piacciono tantissimo "sei stato bravissimo!". (Lo so, Cristina!)
>>
>> Poi incontro Marco, mio fratello; è sorpreso di vedermi già lì e mi indica il ristoro "Grande! Vai lì che c´è di tutto!".
>>
>> Aspetto un po´; mi siedo su uno scalino.
>>
>> Un rapido controllo a caviglie, graffi, buchi nelle mani e ginocchi e mi parte un crampo nell´interno coscia - che tempismo! -; come se il fisico mi dicesse "Ciccio... adesso basta! Ora ci si riposa. Più di così non si poteva fare! Siamo stati bravi! Parecchio!"
>>
>> Quando sono reidratato, rifocillato e docciato, apro il cellulare e trovo il messaggio che non mi aspettavo; è un amico e, anche se non è un´amicizia antica, rimane quello dei messaggi più emozionanti dei miei traguardi tagliati: "ho appena visto che hai concluso al gara in Capraia. Voglio solo lasciarti questa frase di Valentino Rossi che, secondo me, racchiude tutta la tua passione e la tua tenacia: il cuore batte... tutti! Bravo Enrico!"
>>
>> E questo è tutto.
>>
>> Ecco allora, come e perché, una corsa folle per gente folle, in un paradiso naturale di incredibile bellezza, anche se per soli due giorni, diventa un´inattesa fantastica occasione di disintossicazione da un mondo a sprazzi impazzito in cui, a tratti, è difficile trovarne perfino il senso logico.
>>
>> Ecco cosa penso del Capraia Wild Trail in generale ma, soprattutto, lo penso quando mi trovo sui suoi sentieri, immerso nel più bel "niente" che possa mai desiderare; ed ecco anche dove trovano confortevole rifugio i miei pensieri, quando mi trovo obbligato ad accettare, e a non capire, un Sistema per molti aspetti assurdo e spesso incomprensibile.
>> Per me è questo -anche se magari ancora non se ne sono resi conto- il mezzo miracolo di Cristina, Simone & Co; ed è per questo che non mi stancherò mai di ringraziarli per il loro lavoro e per tutto il loro impegno: ci regalate attimi di "puro divertimento" - citazione di Pippetto - e attimi e chilometri di felicità condivisa.
>> Adesso che ho finito, per le tantissime ragioni di cui sopra, consiglio e auguro a tutti un Capraia Wild Trail, prima o poi... almeno una volta nella vita. O anche due; o anche più di due!
>> Arrivederci. Non aggiungo altro: solo arrivederci!
>>
>> Dedicato a tutti quelli che hanno percorso o che percorreranno i bellissimi sentieri di Capraia.
>>
>> Enrico






Fonte: Enrico Marchetti



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