
Tuscany Crossing - L'altro modo di dire 100.
20-04-2025 21:06 - Mondo Trail, Ultra, Sky ed Extreme!
Tuscany Crossing -- L'altro modo di dire 100.
Purtroppo sì: ci sono cascato un'altra volta. Questa è la mia unica certezza nel momento in cui parto da casa alla volta di Castiglione d'Orcia. Dopo il Chianti trail del 2023 (103k, 4000 D+), mi ero ripromesso di non partecipare più a gare di trail molto lunghe, e invece qualche mese fa, in un momento di follia, un accattivante video sul sito mi ha convinto a iscrivermi alla Tuscany Crossing, nella versione 100M. Dopo la Brexit avrebbero dovuto bandire per ripicca l'utilizzo delle unità di misura imperiali, perché 100M fa molto meno effetto di 161k.
Giunto a destinazione, ritiro il pettorale, mangio qualcosa che mi sono portato da casa, e mi siedo all'ombra prima della partenza, prevista per le 17:00. Mille domande affollano la mia mente. Fino a dove arriverò? E quel pettorale che mi hanno assegnato, proprio il 118, una di quelle coincidenze che sembrano battute già scritte, non suona forse un po' ironico, quasi profetico? E che dire delle mie Asics Trabuco del 2020? Resisteranno nonostante gli ampi squarci nella tomaia? Certo non avrebbe senso partire con scarpe nuove.
Cercando un po' di concentrazione pre-gara, mi focalizzo sui miei soliti tre obiettivi minimalisti. Primo: non farsi male. Secondo: andare via con un passo regolare che permetta di arrivare entro il tempo massimo senza crollare verticalmente nel finale. Terzo: non avere conseguenze importanti nei giorni successivi. Sono preparato? Sicuramente no. Io non so nemmeno come ci si prepara per una 100M, e se anche lo sapessi, molto probabilmente non avrei il tempo per farlo. Negli ultimi tre mesi ho fatto qualche 3P, il Penna trail, la Terre di Siena, il Vega e un trittico del Serra ciclistico, tanto per mettere un po' di dislivello nelle gambe. Normalmente viaggio intorno ai 200 km di corsa e 500k passi mensili, tutto compreso. Speriamo che basti.
La distanza incute rispetto, ma non mi spaventa più di tanto. Il dislivello (circa 5380 D+ secondo il sito) non è uno scherzo, ma non mi spaventa più di tanto. È il tempo massimo che mi terrorizza, specie gli orari di uscita da alcuni cancelli intermedi, tutti calcolati rigorosamente sui 5 km/h. Lo so, è la velocità a cui si passeggia in centro leccando il gelato. Lo pensavo anch'io una volta, ma poi ho capito che ci sono le salite, le discese, il fango, le sassaie lungo il greto dei torrenti, i guadi, e poi le soste per mangiare, vestirsi/svestirsi, e tornare indietro quando si sbaglia percorso. Morale: non ci si può permettere di camminare tutto il tempo, ma bisogna correre di tanto in tanto per crearsi i margini necessari. Ripasso mentalmente il percorso, sostanzialmente diviso in tre parti. La prima parte (fino al 58k, detta dagli organizzatori "Valdorcia of wine") è un giro che parte e torna a Castiglione d'Orcia, con almeno tre salite importanti, ma anche alcuni tratti scorrevoli che conosco bene. La seconda parte (fino al 103k, detta "Classic Valdorcia") è facile e con poco dislivello, ma sarà tutta al sole. Nell'ultima parte (detta "Mountain Valdorcia"), che concentra quasi tutte le difficoltà e la maggior parte del dislivello, si va oltre i 1000 metri sull'Amiata e non c'è un attimo di tregua.
Vengono le 17:00 e finalmente si parte: un km e mezzo di salita per le stradine del borgo, e poi 5 km di facile discesa su strada bianca. Tutti corrono come se fosse una mezza. Ma dove vanno? Inutile dire che io resto nelle retrovie, e non mi schiodo dalle ultime cinque posizioni. Nel frattempo si attraversano alcuni dei luoghi più iconici: il passaggio tra i famosi cipressi, quelli più fotografati al mondo, con le luci del sole appena tramontato da una parte e la luna piena dall'altra, l'attraversamento notturno di Montalcino, la discesa verso l'abbazia di Sant'Antimo, il borgo di Castelnuovo dell'Abate. Peccato non avere il tempo e la forza di fare qualche foto, ma devo andare al risparmio e cercare di mettere un po' di fieno in cascina.
Ai ristori, ogni 12 km circa, cerco di mangiare il più possibile: pane e olio, salumi, crostata, torta di cioccolato, pasta quando c'è. Non è facile deglutire tutta quella roba, ma il bere insieme aiuta: acqua, sali, cola, the, caffè. Mescolo tutto. Fortunatamente sono forte di stomaco. Quando mi vedete abbuffarmi al 3P, non è perché sono goloso: sto allenando il mio apparato digerente per queste cose. Qui se ti viene fame o sete sei già spacciato: devi pensarci prima.
E così completo la prima parte del percorso con un'ora e rotti di anticipo sul tempo massimo, tutto secondo programma. Parte il secondo tratto, quello facile, ed è nuovamente una sfilata di luoghi iconici: Bagno Vignoni con la sua celebra vasca fumante, Vignoni alto, San Quirico, la famosissima chiesa di Vitaleta, stupenda all'alba, il passaggio per il centro di Pienza, quindi Monticchiello e infine gli interminabili 20 km senza ristoro e senza un albero fino a Gallina, termine della seconda parte del percorso. Questo tratto davvero non finisce più: niente ombra, un caldo tremendo, la precedente notte insonne che viene fuori. Sono davvero suonato e procedo come un automa rimbambito, ma arrivo al cancello con quasi due ore di anticipo sul tempo massimo.
Mi faccio due conti: da qui potrei arrivare al traguardo finale entro il tempo massimo anche andando a 15 minuti al km, ma scoprirò presto che in certi passaggi ne servono 20. Certo dopo oltre 100 km è buffo dover pensare che finora abbiamo scherzato, ma è così. La vera Tuscany, quella cattiva, inizia ora. Ci sono ancora quasi 3000 metri di dislivello, mai un metro di pianura, e terreno difficile, con sassi e fango. All'inizio provo a fare il giro intorno alle pozze, come si fa al 3P, ma poi vedo il tempo scorrere e capisco che bisogna passarci dentro e basta, "whatever it takes". E così dagli squarci delle Trabuco, aumentati nel frattempo, ecco fango e sassi che entrano e formano un bel pastone con la soletta, per gioia dei piedi. Casco anche in un ruscello durante un guado.
Si fanno tanti piani prima della partenza. Ci si porta i calzini da cambiare per quando ci si bagnerà, ma poi la realtà è completamente diversa: ti bagni ogni 10 minuti, con le mani ghiacciate non riesci nemmeno a sciogliere i lacci, mettere e togliere le scarpe è una tortura, e non hai tempo da perdere per queste cose. Meno male che c'è il tesoretto accumulato durante i primi due tratti di gara. Grazie a quello, alla fine arrivo al traguardo. Sono quasi le 2:00 della seconda notte, giusto pochi secondi prima delle 33 ore di gara, un'ora in meno del tempo massimo. Non posso crederci quando guardo il monitor e scopro di essere arrivato in 59-esima posizione su 124 pettorali, guarda caso proprio la metà di quel famoso 118 di partenza. Ma che fine hanno fatto gli altri, quelli partiti come se fosse una mezza? Alcuni arriveranno nelle due ore successive (gli organizzatori alla fine sono giustamente laschi sul rispetto del tempo massimo). La maggior parte si sono ritirati strada facendo.
Giunto al traguardo, mi faccio due piatti di spezzatino di maiale, due piatti di ceci, una birra (l'ho già detto che sono forte di stomaco, vero?), uso un bagno vero, poi mi metto nel sacco a pelo tutto infangato senza doccia e senza nemmeno cambiarmi, anche perché non avrei la forza di togliere i famosi calzini. Ci penserò con calma al risveglio. Ma prima la classica foto con la medaglia, tanto per avere un ricordo. Quando la vedrà ChatGPT mi dirà che ho lo sguardo stanco ma fiero, con quell'aria da "ho visto cose che voi umani...". Già, un po' è così. Ma durante queste ultra uno più che altro guarda nelle profondità di se stesso, scoprendo risorse inaspettate che potrebbero tornare utili in altri contesti, e arrivando alla fine a porsi sempre la solita domanda, alla quale non si trova risposta: ma cosa c'è dentro la nostra testa che non va e che ci spinge a fare delle bravate di questo genere?
Quali ricordi mi restano? Faccio fatica ad elencarli: mi piacerebbe riavvolgere il nastro e fare lo stesso percorso al rallentatore, con il doppio del tempo a disposizione, per assaporare ogni metro. Ricordo poi una magnifica prima notte con temperature miti e la luna piena, al punto che per molti km ho pure spento la frontale. Ricordo tanti borghi che non conoscevo e che ho attraversato in fretta, e nei quali vorrei tornare con calma. I miei piedi invece ricorderanno per un po' il pastone e i sassi nelle scarpe. Una parte di me infine si è ricordata del perché mi ero ripromesso di non fare più i trail lunghi, e vorrebbe che reiterassi la promessa, cosa che puntualmente faccio. Forse.
Ma vorrei concludere, al di là della mia esperienza personale, con qualche considerazione sull'organizzazione. In un mondo, quello del running in generale e dell'ultra trail in particolare, che ormai è diventato quasi solo un business, questa manifestazione rappresenta la classica mosca bianca. Ad un primo esame superficiale l'organizzazione sembra per lo meno un po' approssimativa: il sito è pieno di inesattezze e informazioni contraddittorie (ad esempio il tempo massimo è diverso nella versione italiana e in quella inglese), quando arrivano delle mail ci sono vari errori di stampa che rendono oscuro il significato, talvolta ci sono anche errori sostanziali sugli orari poi rettificati in messaggi successivi, e comunque anche gli orari che dovrebbero essere corretti saranno poi smentiti alla prova dei fatti; il cartello che dice di parcheggiare sulla destra chiaramente vuol dire che la macchina va lasciata a sinistra perché hanno sbagliato l'ordinanza, e così via.
Poi però scopri che c'è una verità più profonda. Si percepisce che la cosa non è fatta per guadagnarci, come invece accade da troppe altre parti. La manifestazione è una specie di gigantesco 3P, organizzato da un piccolo gruppo di volontari che si fanno in quattro per costruire un bel week-end di sport per tutti, nonostante i mezzi minimalisti. Niente speaker di grido, ma un pacco gara con ottimi prodotti alimentari del territorio. Niente droni ad ogni passaggio, ma una medaglia modellata nell'argilla del luogo. Poche o zero persone ai bivi, ma tanto il percorso è segnalato benissimo e siamo dei concorrenti di una 100M, non gli ultimi turisti della domenica. Ciascuno fa il possibile per venirti incontro e si scusa per i piccoli disservizi. Viene messa a disposizione una palestra in cui chiunque può stendersi a dormire, completamente gratis. Chi come me arriva alle 2:00 di notte trova ancora un pasto caldo che lo aspetta alla pro-loco, con il volontario a spiegarti che anche lui corre, ed è di quelli che arrivano verso la fine, quindi sa bene cosa vuol dire. Ai ristori sempre ottimo cibo e persone sorridenti, anzi intere famiglie che hanno voluto o dovuto portarsi dietro i bambini, pure nella notte. E che si scusano perché il caffè è di quello istantaneo e non quello del barista!
Davvero un grande applauso per tutti. Bravi! Bravi! Bravi!
Consiglio vivamente la partecipazione a questo evento. Oltre alla 100M, ci sono anche la 103k (che salta la prima parte) e la 53k (che sostanzialmente fa solo la seconda parte, quella più facile), entrambe sia in versione competitiva che non competitiva, quest'ultima ovviamente con più tempo a disposizione. Gli orari di partenza sono sfalsati in maniera che l'orario massimo di arrivo sia lo stesso per tutti.
Fonte: Massimo Gobbino
Purtroppo sì: ci sono cascato un'altra volta. Questa è la mia unica certezza nel momento in cui parto da casa alla volta di Castiglione d'Orcia. Dopo il Chianti trail del 2023 (103k, 4000 D+), mi ero ripromesso di non partecipare più a gare di trail molto lunghe, e invece qualche mese fa, in un momento di follia, un accattivante video sul sito mi ha convinto a iscrivermi alla Tuscany Crossing, nella versione 100M. Dopo la Brexit avrebbero dovuto bandire per ripicca l'utilizzo delle unità di misura imperiali, perché 100M fa molto meno effetto di 161k.
Giunto a destinazione, ritiro il pettorale, mangio qualcosa che mi sono portato da casa, e mi siedo all'ombra prima della partenza, prevista per le 17:00. Mille domande affollano la mia mente. Fino a dove arriverò? E quel pettorale che mi hanno assegnato, proprio il 118, una di quelle coincidenze che sembrano battute già scritte, non suona forse un po' ironico, quasi profetico? E che dire delle mie Asics Trabuco del 2020? Resisteranno nonostante gli ampi squarci nella tomaia? Certo non avrebbe senso partire con scarpe nuove.
Cercando un po' di concentrazione pre-gara, mi focalizzo sui miei soliti tre obiettivi minimalisti. Primo: non farsi male. Secondo: andare via con un passo regolare che permetta di arrivare entro il tempo massimo senza crollare verticalmente nel finale. Terzo: non avere conseguenze importanti nei giorni successivi. Sono preparato? Sicuramente no. Io non so nemmeno come ci si prepara per una 100M, e se anche lo sapessi, molto probabilmente non avrei il tempo per farlo. Negli ultimi tre mesi ho fatto qualche 3P, il Penna trail, la Terre di Siena, il Vega e un trittico del Serra ciclistico, tanto per mettere un po' di dislivello nelle gambe. Normalmente viaggio intorno ai 200 km di corsa e 500k passi mensili, tutto compreso. Speriamo che basti.
La distanza incute rispetto, ma non mi spaventa più di tanto. Il dislivello (circa 5380 D+ secondo il sito) non è uno scherzo, ma non mi spaventa più di tanto. È il tempo massimo che mi terrorizza, specie gli orari di uscita da alcuni cancelli intermedi, tutti calcolati rigorosamente sui 5 km/h. Lo so, è la velocità a cui si passeggia in centro leccando il gelato. Lo pensavo anch'io una volta, ma poi ho capito che ci sono le salite, le discese, il fango, le sassaie lungo il greto dei torrenti, i guadi, e poi le soste per mangiare, vestirsi/svestirsi, e tornare indietro quando si sbaglia percorso. Morale: non ci si può permettere di camminare tutto il tempo, ma bisogna correre di tanto in tanto per crearsi i margini necessari. Ripasso mentalmente il percorso, sostanzialmente diviso in tre parti. La prima parte (fino al 58k, detta dagli organizzatori "Valdorcia of wine") è un giro che parte e torna a Castiglione d'Orcia, con almeno tre salite importanti, ma anche alcuni tratti scorrevoli che conosco bene. La seconda parte (fino al 103k, detta "Classic Valdorcia") è facile e con poco dislivello, ma sarà tutta al sole. Nell'ultima parte (detta "Mountain Valdorcia"), che concentra quasi tutte le difficoltà e la maggior parte del dislivello, si va oltre i 1000 metri sull'Amiata e non c'è un attimo di tregua.
Vengono le 17:00 e finalmente si parte: un km e mezzo di salita per le stradine del borgo, e poi 5 km di facile discesa su strada bianca. Tutti corrono come se fosse una mezza. Ma dove vanno? Inutile dire che io resto nelle retrovie, e non mi schiodo dalle ultime cinque posizioni. Nel frattempo si attraversano alcuni dei luoghi più iconici: il passaggio tra i famosi cipressi, quelli più fotografati al mondo, con le luci del sole appena tramontato da una parte e la luna piena dall'altra, l'attraversamento notturno di Montalcino, la discesa verso l'abbazia di Sant'Antimo, il borgo di Castelnuovo dell'Abate. Peccato non avere il tempo e la forza di fare qualche foto, ma devo andare al risparmio e cercare di mettere un po' di fieno in cascina.
Ai ristori, ogni 12 km circa, cerco di mangiare il più possibile: pane e olio, salumi, crostata, torta di cioccolato, pasta quando c'è. Non è facile deglutire tutta quella roba, ma il bere insieme aiuta: acqua, sali, cola, the, caffè. Mescolo tutto. Fortunatamente sono forte di stomaco. Quando mi vedete abbuffarmi al 3P, non è perché sono goloso: sto allenando il mio apparato digerente per queste cose. Qui se ti viene fame o sete sei già spacciato: devi pensarci prima.
E così completo la prima parte del percorso con un'ora e rotti di anticipo sul tempo massimo, tutto secondo programma. Parte il secondo tratto, quello facile, ed è nuovamente una sfilata di luoghi iconici: Bagno Vignoni con la sua celebra vasca fumante, Vignoni alto, San Quirico, la famosissima chiesa di Vitaleta, stupenda all'alba, il passaggio per il centro di Pienza, quindi Monticchiello e infine gli interminabili 20 km senza ristoro e senza un albero fino a Gallina, termine della seconda parte del percorso. Questo tratto davvero non finisce più: niente ombra, un caldo tremendo, la precedente notte insonne che viene fuori. Sono davvero suonato e procedo come un automa rimbambito, ma arrivo al cancello con quasi due ore di anticipo sul tempo massimo.
Mi faccio due conti: da qui potrei arrivare al traguardo finale entro il tempo massimo anche andando a 15 minuti al km, ma scoprirò presto che in certi passaggi ne servono 20. Certo dopo oltre 100 km è buffo dover pensare che finora abbiamo scherzato, ma è così. La vera Tuscany, quella cattiva, inizia ora. Ci sono ancora quasi 3000 metri di dislivello, mai un metro di pianura, e terreno difficile, con sassi e fango. All'inizio provo a fare il giro intorno alle pozze, come si fa al 3P, ma poi vedo il tempo scorrere e capisco che bisogna passarci dentro e basta, "whatever it takes". E così dagli squarci delle Trabuco, aumentati nel frattempo, ecco fango e sassi che entrano e formano un bel pastone con la soletta, per gioia dei piedi. Casco anche in un ruscello durante un guado.
Si fanno tanti piani prima della partenza. Ci si porta i calzini da cambiare per quando ci si bagnerà, ma poi la realtà è completamente diversa: ti bagni ogni 10 minuti, con le mani ghiacciate non riesci nemmeno a sciogliere i lacci, mettere e togliere le scarpe è una tortura, e non hai tempo da perdere per queste cose. Meno male che c'è il tesoretto accumulato durante i primi due tratti di gara. Grazie a quello, alla fine arrivo al traguardo. Sono quasi le 2:00 della seconda notte, giusto pochi secondi prima delle 33 ore di gara, un'ora in meno del tempo massimo. Non posso crederci quando guardo il monitor e scopro di essere arrivato in 59-esima posizione su 124 pettorali, guarda caso proprio la metà di quel famoso 118 di partenza. Ma che fine hanno fatto gli altri, quelli partiti come se fosse una mezza? Alcuni arriveranno nelle due ore successive (gli organizzatori alla fine sono giustamente laschi sul rispetto del tempo massimo). La maggior parte si sono ritirati strada facendo.
Giunto al traguardo, mi faccio due piatti di spezzatino di maiale, due piatti di ceci, una birra (l'ho già detto che sono forte di stomaco, vero?), uso un bagno vero, poi mi metto nel sacco a pelo tutto infangato senza doccia e senza nemmeno cambiarmi, anche perché non avrei la forza di togliere i famosi calzini. Ci penserò con calma al risveglio. Ma prima la classica foto con la medaglia, tanto per avere un ricordo. Quando la vedrà ChatGPT mi dirà che ho lo sguardo stanco ma fiero, con quell'aria da "ho visto cose che voi umani...". Già, un po' è così. Ma durante queste ultra uno più che altro guarda nelle profondità di se stesso, scoprendo risorse inaspettate che potrebbero tornare utili in altri contesti, e arrivando alla fine a porsi sempre la solita domanda, alla quale non si trova risposta: ma cosa c'è dentro la nostra testa che non va e che ci spinge a fare delle bravate di questo genere?
Quali ricordi mi restano? Faccio fatica ad elencarli: mi piacerebbe riavvolgere il nastro e fare lo stesso percorso al rallentatore, con il doppio del tempo a disposizione, per assaporare ogni metro. Ricordo poi una magnifica prima notte con temperature miti e la luna piena, al punto che per molti km ho pure spento la frontale. Ricordo tanti borghi che non conoscevo e che ho attraversato in fretta, e nei quali vorrei tornare con calma. I miei piedi invece ricorderanno per un po' il pastone e i sassi nelle scarpe. Una parte di me infine si è ricordata del perché mi ero ripromesso di non fare più i trail lunghi, e vorrebbe che reiterassi la promessa, cosa che puntualmente faccio. Forse.
Ma vorrei concludere, al di là della mia esperienza personale, con qualche considerazione sull'organizzazione. In un mondo, quello del running in generale e dell'ultra trail in particolare, che ormai è diventato quasi solo un business, questa manifestazione rappresenta la classica mosca bianca. Ad un primo esame superficiale l'organizzazione sembra per lo meno un po' approssimativa: il sito è pieno di inesattezze e informazioni contraddittorie (ad esempio il tempo massimo è diverso nella versione italiana e in quella inglese), quando arrivano delle mail ci sono vari errori di stampa che rendono oscuro il significato, talvolta ci sono anche errori sostanziali sugli orari poi rettificati in messaggi successivi, e comunque anche gli orari che dovrebbero essere corretti saranno poi smentiti alla prova dei fatti; il cartello che dice di parcheggiare sulla destra chiaramente vuol dire che la macchina va lasciata a sinistra perché hanno sbagliato l'ordinanza, e così via.
Poi però scopri che c'è una verità più profonda. Si percepisce che la cosa non è fatta per guadagnarci, come invece accade da troppe altre parti. La manifestazione è una specie di gigantesco 3P, organizzato da un piccolo gruppo di volontari che si fanno in quattro per costruire un bel week-end di sport per tutti, nonostante i mezzi minimalisti. Niente speaker di grido, ma un pacco gara con ottimi prodotti alimentari del territorio. Niente droni ad ogni passaggio, ma una medaglia modellata nell'argilla del luogo. Poche o zero persone ai bivi, ma tanto il percorso è segnalato benissimo e siamo dei concorrenti di una 100M, non gli ultimi turisti della domenica. Ciascuno fa il possibile per venirti incontro e si scusa per i piccoli disservizi. Viene messa a disposizione una palestra in cui chiunque può stendersi a dormire, completamente gratis. Chi come me arriva alle 2:00 di notte trova ancora un pasto caldo che lo aspetta alla pro-loco, con il volontario a spiegarti che anche lui corre, ed è di quelli che arrivano verso la fine, quindi sa bene cosa vuol dire. Ai ristori sempre ottimo cibo e persone sorridenti, anzi intere famiglie che hanno voluto o dovuto portarsi dietro i bambini, pure nella notte. E che si scusano perché il caffè è di quello istantaneo e non quello del barista!
Davvero un grande applauso per tutti. Bravi! Bravi! Bravi!
Consiglio vivamente la partecipazione a questo evento. Oltre alla 100M, ci sono anche la 103k (che salta la prima parte) e la 53k (che sostanzialmente fa solo la seconda parte, quella più facile), entrambe sia in versione competitiva che non competitiva, quest'ultima ovviamente con più tempo a disposizione. Gli orari di partenza sono sfalsati in maniera che l'orario massimo di arrivo sia lo stesso per tutti.
Fonte: Massimo Gobbino